Mai sentito parlare di “job crafting”?

Iniziamo dall’etimologia: la locuzione job crafting è stata coniata dagli psicologi statunitensi Wrzesniewski & Dutton nel 2001. Job vuol dire lavoro e to craft significa creare con le proprie mani, quindi il concetto suggerisce che possiamo modellare e il nostro lavoro, adattandolo a nuove esigenze o gusti personali. 

Ma da dove nasce e perché?

Il motivo è semplice: l’essere umano è alla continua ricerca di “senso”, del perché delle cose, dello scopo della propria vita e delle attività di lungo termine in essa contenute, fra le quali c’è anche il lavoro.

Certo il lavoro ci fa pagare mutuo e bollette, sfama noi e la nostra famiglia, ci consente di comprare il necessario e in misura variabile anche il superfluo, ma nella maggior parte dei casi non lavoriamo (o non vorremmo lavorare) solo per il compenso economico, bensì per dare un contributo, un apporto alla società e alla comunità intorno a noi e per esprimere le nostre capacità e talenti.  

Ma spesso questo senso si perde e con esso il gusto di lavorare, l’entusiasmo si appiattisce, le giornate si ingrigiscono e le settimane e i mesi si susseguono in modo routinario portando alla lunga ad un abbassamento della gratificazione se non proprio alla demotivazione.

Ecco che a questo punto le menti più proattive cominciano a fare job crafting, ovvero a rimodellare il proprio lavoro per ricominciare a viverlo con maggiore piacere.  

Contrariamente a quanto si può credere il JC non riguarda solo imprenditori e lavoratori autonomi, ma anche tutti quei dipendenti che abbiano un minimo “margine di manovra” e soprattutto la creatività.  

Ci si riferisce in sostanza ai comportamenti che un lavoratore può introdurre autonomamente nella propria quotidianità lavorativa (e nel caso di collaboratori e dipendenti nel rispetto delle aspettative e richieste aziendali) per allineare il lavoro con le proprie esigenze, motivazioni e passioni. In qualche modo tutto questo aiuta a creare un’identità lavorativa che va al di là dello svolgimento delle singole mansioni e che personalizza il modo di lavorare rendendolo più allineato con l’individuo.

Fondamentalmente è una (possibile) alternativa al cambiare lavoro quando questo non ci appassiona più o quando il clima lavorativo diventa asfissiante.  

Tutto ciò può essere svolto individualmente (come indicato dai coniatori del termine) o in maniera collettiva (come suggerito da altri autori, che parlano anche di collaboratve crafting).  

Viene definito anche come una forma di comportamento proattivo al lavoro, può sembrare – e a volte è – una soluzione fai da te, ma può anche essere promosso e incentivato da aziende illuminate; in cosa consiste nella pratica?

L’idea di base è che la proattività e l’iniziativa individuale possano produrre cambiamenti apparentemente piccoli, ma decisivi per la qualità del lavoro.  

In Italia siamo famosi per la creatività, per l’arte di sapersi arrangiare e riuscire a fare il meglio che si può con le risorse a disposizione ed è infatti probabile che anche tu applichi inconsapevolmente delle tecniche di JC.

Ma invece di agire a caso o a seconda dell’ispirazione del momento può essere importante capire su quali fronti si può agire in modo da poter applicare questa strategia in modo più sistematico ed efficiente.  

Con il job crafting si può lavorare su diversi aspetti:

1) VELOCIZZARE E ALLEGGERIRE COMPITI E MANSIONI CHE CI PIACCIONO DI MENO (task crafting)  

Anche chi ama il proprio lavoro, deve solitamente affrontare anche alcuni compiti meno graditi. Trovare una nuova modalità di esecuzione più veloce e/o divertente è una delle strategie di JC. A volte può bastare cambiare l’orario di svolgimento per rendere una certa incombenza più veloce e di maggiore soddisfazione, semplicemente sfruttando i momenti della giornata in cui sappiamo di essere più efficaci.  

Esempi pratici: svolgere una certa mansione prima che arrivino i colleghi o gli utenti in modo da non essere interrotti e non prolungarla nell’arco della giornata (se quell’attività non ci piace, meglio farla durare il minor tempo possibile).

Ove applicabile trovare un luogo diverso dal solito dove svolgere certi compiti (anche fuori dal luogo di lavoro): molte persone che devono produrre contenuti o studiare per aggiornamenti sono più concentrati al bar o in una biblioteca o al parco, che non alla propria postazione.

Per i lavori manuali si può studiare una diversa modalità che renda più veloce e/o piacevole l’esecuzione (rimettere a posto la merce negli scaffali o espositori, pulire/riordinare il locale commerciale, stampare e assemblare documenti…).

Un altro esempio può essere quello di un insegnante di storia appassionato di musica che decide di inserire nel programma di studio l’ascolto di canzoni per migliorare il processo di apprendimento dei propri studenti, rendendo al contempo il suo lavoro più interessante e stimolante (Berg et al., 2013), che poi è un po’ quello che ho fatto anche io con una serie di post di crescita personale che prendono spunto dai testi dei Beatles.  

Questa tecnica non si può applicare per tutti i lavori; sicuramente non per quelli con procedure molto strette o in stile catena di montaggio o magari in quelle sanitarie (non credo che un medico possa decidere a che ora curare le patologie che gli danno maggiore soddisfazione o che possa visitare un paziente al bar o in giardino, anche se… su quest’ultimo aspetto non metterei limiti assoluti… magari in una clinica o ospedale con giardino qualche attività che non necessita di particolari strumenti può a volte essere svolta all’aperto).  

In sintesi in alcuni casi questa strategia di JC può confliggere con le procedure e i tempi, con l’essenza stessa del lavoro o con l’immagine che l’azienda per cui si lavora vuole avere sul mercato, ma è importante capire quali regole sono invalicabili e quali negoziabili, perché capita che riteniamo di avere più limiti e paletti di quanti non ce ne siano realmente.  

È anche utile avere una buona strategia di comunicazione e coinvolgimento dei “capi” per avere il loro avallo e a seconda dei casi anche il supporto. Del resto se ti lasciano provare, magari con diffidenza, e poi vedono i risultati, potrebbero successivamente agevolare la pratica piuttosto che tollerarla semplicemente.  

2) FARE RETE CON I COLLEGHI (relational crafting)  

Un altro aspetto su cui si può agire è la qualità delle relazioni con i colleghi. Attenzione, non vuol dire essere buoni e carini e amici di tutti, tutt’altro: vuol dire prendere consapevolezza di quali sono le persone che hanno un effetto positivo e quali uno negativo e comportarti di conseguenza, cercando quando possibile il contatto con i primi ed evitando i secondi.

È importante evitare anche le situazioni di “gossip aziendale”, che alimentano situazioni negative anche se magari nell’immediato ti strappano una risata (su questo aspetto per me è stata illuminante la lettura de “I quattro accordi” di Don Miguel Ruiz).  

Avvantaggiati della tecnologia per scambiare best practices, consigli e opinioni anche su come eventualmente applicare la strategia del punto n.1; sicuramente si può approfittare anche per divertirsi un po’, ma non a discapito di altri.

Nei limiti del possibile cerca di connetterti e fare rete con le persone con cui si lavora meglio.

Anche un dipendente che lavora in una linea di assemblaggio di un’azienda meccanica potrebbe effettuare pratiche di relational crafting creando relazioni particolarmente forti con i propri colleghi.  

Ma la rete di connessioni non deve necessariamente riguardare solo i colleghi; è famoso uno studio statunitense che documenta il miglioramento di efficienza e qualità del lavoro di un gruppo di addetti alle pulizie ospedaliere che decise di proposito di aumentare l’interazione con i pazienti e i parenti in visita.

Chiacchierare con loro durante lo svolgimento delle loro pesanti mansioni le ha rese più leggere e le ha “umanizzate”, innalzando la motivazione a fare le cose, non solo perché vanno fatte, ma perché saranno utili a “Tizio” o a “Caio” e alla sua famiglia.

Quest’ultimo aspetto ci riporta alla strategia successiva, quella che a mio avviso più di tutte si può applicare a tutti i contesti lavorativi.  

Allo stesso modo, in senso opposto, in alcuni ruoli si può scegliere di selezionare la propria clientela, rinunciando ad una vendita in più pur di non avere a che fare con una certa tipologia di persone.  

3) VISIONE DI INSIEME E VALORI (cognitive crafting)  

È importane notare che il modo di guardare e interpretare le mansioni giornaliere è anche una questione di percezione: potrebbe sembrare che il suggerimento sia quello di fare un inutile maquillage che lascia il tempo che trova, oppure di cantare come Mary Poppins “Basta un poco di zucchero e la pillola va giù”, ma questa strategia è decisamente più sofisticata e profonda di così. Presi dalla quotidianità, rischiamo di perdere di vista il senso generale, lo scopo, il valore del nostro lavoro.

Esattamente come gli addetti alle pulizie del punto precedente, connettere il proprio impegno quotidiano con i risultati che esso porta nella vita di persone con un nome e un cognome può aiutare a sentirsi fieri di quello che si fa, anche quando si tratta di mansioni umili.

Secondo quanto rilevato dallo studio su queste persone infatti, con questa attività di job crafting hanno sentito di essere utili non solo per la pulizia della struttura ospedaliera, ma anche che il proprio lavoro fosse fondamentale per il processo di guarigione dei malati.

Il vantaggio di questa strategia è che è interamente nelle mani del soggetto che la applica: non ha bisogno di autorizzazioni, di avalli, di organizzazione pratica, di sovvertimento di regole più o meno scritte; dipende solo dalla percezione interna.

Quando senti che il tuo ruolo è incastonato in uno scopo più ampio, anche i suoi aspetti negativi si relativizzano.

Altre volte le persone applicano questa strategia aggiungendo qualcosa al loro lavoro, che dia più senso al risultato finale: per esempio un medico che aiuti il paziente a gestire l’ansia per la situazione clinica o le paure riguardo alla terapia, un parrucchiere che condivida buone pratiche per trattare meglio i propri capelli, un magazziniere che trovi un modo di evitare sprechi…

È famosa in tal senso la metafora che racconta di due operai dell’antichità impegnati nello spostamento di grossi blocchi di pietra.

Un viandante chiese a ciascuno di loro “Che cosa stai facendo?”. Il primo rispose in maniera irritata e stanca “Non lo vedi, sto spostando queste pietre da lì a là?!” il secondo, seppure affaticato, rispose con entusiasmo “Sto costruendo una cattedrale!”.

Il peso delle pietre è lo stesso per entrambi, ma secondo te quale dei due vive meglio?

4) APPORTARE MODIFICHE AL LUOGO DI LAVORO (contextual crafting)

Alle 3 strategie originarie è stata aggiunta anche quella di cambiare disposizione, arredi o altri aspetti del layout dell’ufficio/luogo di lavoro in modo che sia più funzionale, più gratificante e bello da vedere. Questa strategia ha una doppia valenza: quella esplicita e pratica che ho appena descritto e quella psicologica, perché poter apportare tali modifiche aiuta le persone a sentirsi più padrone del proprio lavoro e quindi più attive.

Va posta una nota di attenzione sul fatto che non sempre le azioni che il singolo mette in atto per il proprio benessere individuale sono positive anche per l’organizzazione in cui lavora, ma si potrebbero verificare dei casi (solitamente involontari, ma anche intenzionali) di cosiddetto detrimental crafting.

In questo senso diventa cruciale la capacità dei manager di comunicare chiaramente ed in maniera coinvolgente gli obiettivi aziendali in modo da stimolare attività di job crafting costruttive e positive rispetto agli stessi.

In questo breve articolo ho portato solo alcuni esempi concreti, ma una volta capito il metodo non ci sono limiti alla fantasia e alla creatività perché come disse Albert Einstein

La logica vi porterà da A a B. L’immaginazione vi porterà dappertutto

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LILIA PAVONE

Avvocato pentito, patita dei Beatles, formatrice dal 2007, moglie, figlia, sorella, zia e amica.

La mia missione: Essere un trampolino e una cassa di risonanza per i talenti delle persone che accompagno in un percorso di crescita.

La mia visione: Avere un mondo di persone che pensano #amoillunedì!

I miei valori:

CONDIVISIONE: donarsi come professionista e come persona, condividendo tutto ciò che so e tutto ciò che sono.

DIVERTIMENTO: l’ironia salverà il mondo (insieme alla bellezza), perché il sorriso alleggerisce la tensione e consente di attingere a risorse altrimenti irraggiungibili.

CRESCITA E CURIOSITA’: una formatrice non può che credere nel valore della crescita continua attraverso il costante aggiornamento.

PACE: le capacità di ascolto (di noi stessi e degli altri) e di comunicazione empatica sono le migliori strategie di prevenzione del conflitto, sia nel quotidiano che su larga scala.

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