I talenti e le ambizioni hanno un sesso?
Diversi anni fa mi trovai a riflettere sul mio desiderio di maternità, domandandomi in modo molto schietto: ma sono davvero io a desiderare di diventare madre, oppure sono condizionata dalle aspettative familiari e sociali?
Una domanda tosta che mi posi in modo serio e profondo.
Da allora il tema delle inclinazioni cosiddette naturali, dei talenti, delle passioni è rimasto molto presente in me; ho studiato e approfondito l'argomento e ogni volta che sento qualcuno parlare di questi temi mi si agita qualcosa alla bocca dello stomaco.
Puoi immaginare quante farfalle abbiano mosso le loro ali nella mia pancia quando per esempio l'On. Pillon ha sollevato un vespaio sul tema dell'attitudine di noi donne all'accudimento e degli uomini alle materie scientifiche.
Questa vicenda mediatica che forse ricorderai è stata per me l'ennesimo spunto di riflessione e senza voler dare torto o ragione a Pillon come ad altri, ragiono ad alta voce con te che mi stai leggendo.
Quanta parte di noi è realmente autentica e quanto è condizionato dall'ambiente in cui viviamo?
Siamo animali sociali, impariamo per emulazione, scegliamo per concordanza con alcuni modelli e per dissenso dagli altri (basti pensare a quel periodo dell'adolescenza in cui rifiutiamo a prescindere qualunque opinione dei nostri genitori).
Se mi cimento nel gioco "Il piccolo antropologo", dovrei dire che forse è vero che noi donne siamo più inclini all'accudimento, quantomeno quello dei figli: siamo mediamente meno prestanti fisicamente e nell'età della pietra forse poteva avere senso che noi restassimo nella caverna ad allattare, mentre l'uomo andava a caccia.
Ma poi a quel punto dovrei giocare anche "Il piccolo sociologo" e dovrei ragionare sul fatto che sono un po' di millenni che siamo usciti dalle caverne, che la società è cambiata, che non esiste praticamente più la famiglia monoreddito, ecc...
Ma siccome non sono né antropologa né sociologa, resto nel mio ambito della crescita personale e penso ai talenti, alla soddisfazione e gratificazione sul lavoro che nei miei post sintetizzo con l'hashtag #amoillunedì.
Amare il proprio lavoro nasce dalle decisioni che pendiamo, soprattutto - ma non solo - a livello di scelte formative e di percorso di studi.
Se io come donna studio ostetricia solo perché è una professione "da donne", anche se in realtà vorrei fare ingegneria mineraria, un domani avrò molte probabilità di essere un'ostetrica infelice o quanto meno poco appassionata; non mi sentirò appagata e probabilmente non offrirò un servizio eccellente alle mie pazienti, né sarò una cellula particolarmente sana della società.
Non sarò un modello di ispirazione, non porterò particolare entusiasmo sul lavoro e forse non sarò neanche particolarmente gioiosa nella mia vita privata.
E allora?
Allora occorre porsi delle domande, per esempio: come posso distinguere un insano condizionamento dell'ambiente circostante (che mi ha fatto sentire costretta a studiare ostetricia) da un giusto rapporto di scambio e confronto con le persone e la realtà intorno a me?
Come fare ad ascoltare le mie ambizioni e desideri autentici, nonostante il tanto chiacchierare fuori da me?
Come avere il coraggio di fare una cosa contro tendenza, perché sento che è la mia strada?
E soprattutto l'ultima: in che modo posso prendermi il potere di fare le mie scelte?
Questa è la domanda che trovo più significativa, perché per quanto sia vero che le circostanze intorno a me possono essere più o meno favorevoli, è pur sempre vero che un margine di scelta lo abbiamo sempre.
Sono d'accordo, non è giusto che io possa sentirmi scoraggiata in partenza ad intraprendere una certa strada (per discriminazioni di genere, come per mille altre ragioni), solo che bisogna prendere contatto con la realtà per come è e agire di conseguenza, piuttosto che lamentarsi che il mondo non è come si vorrebbe che fosse.
L'ho sperimentato con le mie domande sulla maternità, l'ho vissuto sulla mia pelle di donna e di donna meridionale alla quale, ad un colloquio di selezione per un'azienda della moda italiana famosa in tutto il mondo, è stato illegalmente chiesto (e per di più da una donna): "Lei ha intenzione di avere figli?".
E quindi che si fa?
Ci si chiede onestamente: quanto voglio davvero questo lavoro/percorso di studi/qualunque altra cosa?
Se nessuno mi giudicasse nel bene o nel male per aver preso questa decisione la prenderei lo stesso? Questa idea mi piace in assoluto, o piuttosto mi piace il fatto che piacerà ad altri?
Quanto sono disposto/a a pagare pur di raggiungere questo mio obiettivo?
Di solito non sono risposte facili, né è facile proseguire su una strada poco battuta, ma i pionieri hanno onori ed oneri e anche tante cose oggi normali, un tempo sono state conquistate da altri a caro prezzo, basti pensare al suffragio universale.
La società può essere di aiuto o di ostacolo, ma ciascuno può fare chiarezza dentro di sé, trovare le proprie motivazioni profonde e tentare con tutte le forze di seguire la propria strada perché secondo me è vero quello che ha detto quel "geniaccio" di Einstein:
"Solo quelli che sono così folli da pensare di cambiare il mondo, lo cambiano davvero"
PS: al colloquio con la famosa casa di moda in cui mi chiesero se avevo intenzione di avere figli, risposi che ritenevo la domanda non pertinente all’oggetto del colloquio, pur sapendo che questo avrebbe precluso l’esito del colloquio, nonostante in quel momento non pianificassi né avessi idea in futuro di pianificare una gravidanza, anche se ero disoccupata e avevo bisogno di lavorare.
Inutile dire che non mi presero.
Inutile dire che ritengo che sia stato meglio così.
Dillo ad un amico
LILIA PAVONE
Avvocato pentito, patita dei Beatles, formatrice dal 2007, moglie, figlia, sorella, zia e amica.
La mia missione: Essere un trampolino e una cassa di risonanza per i talenti delle persone che accompagno in un percorso di crescita.
La mia visione: Avere un mondo di persone che pensano #amoillunedì!
I miei valori:
CONDIVISIONE: donarsi come professionista e come persona, condividendo tutto ciò che so e tutto ciò che sono.
DIVERTIMENTO: l’ironia salverà il mondo (insieme alla bellezza), perché il sorriso alleggerisce la tensione e consente di attingere a risorse altrimenti irraggiungibili.
CRESCITA E CURIOSITA’: una formatrice non può che credere nel valore della crescita continua attraverso il costante aggiornamento.
PACE: le capacità di ascolto (di noi stessi e degli altri) e di comunicazione empatica sono le migliori strategie di prevenzione del conflitto, sia nel quotidiano che su larga scala.
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