GESTI E POSTURE NEL PUBLIC SPEAKING
Sfatiamo un mito: quando si parla di gesti e posture nel public speaking non ci sono regole categoriche; in particolare non tutto quello che può essere tecnicamente additato come errore è del tutto sbagliato e molti comportamenti consigliati, se protratti troppo a lungo nel tempo, possono essere controproducenti.
Questo potrebbe apparentemente confonderti, perché adesso potresti pensare che è difficile capire cosa fare e cosa evitare, ma invece è una grande notizia, perché vuol dire che c’è molto spazio per la personalizzazione e che non devi comportarti come un robot che esegue degli ordini o segue rigidamente delle regole.
Parlare in pubblico è in primo luogo una questione di stile, ciascuno ha il suo e sarebbe sciocco voler uniformare tutti.
Pertanto il primo passo è quello di farsi qualche domanda sul proprio stile di base (considerando che poi partendo da esso avremo delle oscillazioni a seconda dei vari contesti in cui parleremo in pubblico).
- Se 1 corrisponde a informale e 10 a formale, dove si posiziona il mio stile?
- Se 1 corrisponde a serio e 10 a sorridente, dove si posiziona il mio stile?
- Se 1 corrisponde a anticonvenzionale e 10 a aderente alle aspettative, dove si posiziona il mio stile?
- Se 1 corrisponde a approccio tecnico e 10 a approccio divulgativo, dove si posiziona il mio stile?
- Se 1 corrisponde a pacato e 10 a frizzante, dove si posiziona il mio stile?
- Se 1 corrisponde a informativo e 10 a pragmatico, dove si posiziona il mio stile?
Già rispondere a queste 6 domande ti offre una buona consapevolezza sul tuo modo di parlare in pubblico, e sono convinta che se ti fermi a pensare te ne vengono in mente almeno altre 2 o 3 simili.
Una volta che per esempio ti sei collocato più verso il lato informale per esempio, sarà evidente che un gesto come mettere una mano in tasca o una postura appoggiata ad una scrivania non sono più qualcosa da evitare come la peste, sei d’accordo?
Ci sono però un paio di condizioni da osservare, affinché queste azioni spesso definite sbagliate, possano essere comunque efficaci:
- La consapevolezza, perché i gesti e i movimenti inconsapevoli sono facilmente generati dallo stress e lo rendono evidente
- La padronanza, che è collegata al punto precedente. Se invece di appoggiarmi alla scrivania in realtà mi ci sto aggrappando come un naufrago alla sua zattera è evidente che non è una postura efficace
- La durata: mettere una mano in tasca per qualche istante può fare un effetto “cool”, ma un intero speech così?
Quindi in sintesi se ritengo di avere uno stile informale e con scioltezza, consapevolezza e per una piccola parte del mio speech dovessi assumere una posizione poco convenzionale non ci sarebbe nulla di male.
I gesti e le posture non vanno valutate in assoluto, ma all’interno di una cornice più ampia data dal contesto, dal mio stile e dal modo in cui li metto in atto.
Lo stesso vale per la calibrazione della gestualità del mio pubblico.
L’esempio più lampante avviene con la postura delle braccia conserte, notoriamente abbinata alla chiusura e/o rifiuto nei confronti di chi parla o dei suoi argomenti.
Se il gesto viene isolato e giudicato in realtà non stiamo facendo un buon lavoro di valutazione, perché ci stiamo perdendo il quadro d’insieme.
Certo è vero che una persona a braccia conserte potrebbe essere in fase di rifiuto, ma lo possiamo capire abbinando questo dato con lo sguardo, l’espressione del viso, la tensione o rilassatezza della postura e altri comportamenti.
Se invece il viso è disteso e lo sguardo attento le braccia incrociate potrebbero essere semplicemente una posizione di comodità.
Anche la posizione più consigliata, come quella in piedi, con le gambe leggermente divaricate e il busto eretto, se mantenuta per tutta una performance senza particolari movimenti rischia di farci sembrare delle guardie svizzere invece che degli oratori efficaci.
Ma allora c’è qualcosa di realmente sbagliato e realmente giusto
o è tutto opinabile?
Alcuni comportamenti si possono definire scorretti in ogni caso e sono sicuramente tutti quelli che denotano stress (“torturare” oggetti innocenti come penne, occhiali e simili, cincischiare con i capelli, la barba e simili, sfregarsi le mani o farsi spesso dei “grattini” solitamente sul collo, sulle orecchie, sulla testa, mento o naso e altre simili).
Anche alcune posture e movimenti del corpo vanno di certo evitati e sono in particolare quelle che prevedono l’incrocio delle gambe, i dondolii sul posto o il camminare avanti e indietro.
Questa è solo una piccola galleria per darti un’idea e un criterio di autovalutazione.
Negli anni fra corsi e consulenze sul public speaking ho visto funzionare a meraviglia atteggiamenti che non avrei mai qualificato come corretti e viceversa.
Per questo è fondamentale per esempio lavorare con la telecamera e rivedersi potendo ricevere sia un feedback dal formatore, ma anche una visione esterna ma con i propri occhi.
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LILIA PAVONE
Avvocato pentito, patita dei Beatles, formatrice dal 2007, moglie, figlia, sorella, zia e amica.
La mia missione: Essere un trampolino e una cassa di risonanza per i talenti delle persone che accompagno in un percorso di crescita.
La mia visione: Avere un mondo di persone che pensano #amoillunedì!
I miei valori:
CONDIVISIONE: donarsi come professionista e come persona, condividendo tutto ciò che so e tutto ciò che sono.
DIVERTIMENTO: l’ironia salverà il mondo (insieme alla bellezza), perché il sorriso alleggerisce la tensione e consente di attingere a risorse altrimenti irraggiungibili.
CRESCITA E CURIOSITA’: una formatrice non può che credere nel valore della crescita continua attraverso il costante aggiornamento.
PACE: le capacità di ascolto (di noi stessi e degli altri) e di comunicazione empatica sono le migliori strategie di prevenzione del conflitto, sia nel quotidiano che su larga scala.
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