Formazione del personale: chi deve fare la formazione dei lavoratori?
Quando si parla di formazione del personale spesso mi viene chiesto: ma chi deve fare la formazione dei lavoratori?
È più giusto ed appropriato che sia una risorsa interna o meglio affidarsi a dei consulenti?
La domanda non è banale, perché la formazione non riguarda solo il contenuto, ma ha anche degli aspetti molto delicati dal punto di vista relazionale.
Innanzitutto distinguiamo la formazione tecnica o sulle hard skill (utilizzo di un macchinario, corso di lingua straniera, apprendimento di una specifica tecnica medico-sanitaria, progettazione di impianti fotovoltaici, ecc...) dalla formazione comportamentale o sulle competenze trasversali (team building, comunicazione empatica, accoglienza del cliente, parlare in pubblico, gestione del conflitto o del cambiamento, ecc...).
Per quanto riguarda le prime il discorso è inizialmente più facile perchè basta porsi domande semplici come:
Ho in azienda le competenze richieste?
C'è qualcuno dei collaboratori
che è già esperto in questa materia?
Spesso siamo seduti su una miniera d'oro e neanche ci facciamo caso.
Per scoprire questi giacimenti è importante fare di tanto in tanto un assessment delle competenze interne in modo da non dover cercare fuori, cose che abbiamo già "in casa".
Tutto questo per varie ragioni:
- valorizzare le risorse interne e gratificarle per le loro competenze;
- coltivare una cultura di condivisione e cooperazione fra le risorse;
- avere un risparmio economico (anche se suggerisco sempre di compensare economicamente chi si presti a fare formazione interna anche se non è nelle sue mansioni specifiche, comunque l'investimento sarà sicuramente inferiore rispetto ad un professionista esterno);
- ottenere un risparmio di tempo, perchè a meno che non si abbiano già fornitori fidati, cercare consulenti esterni richiede tempo ed energia.
Ma attenzione!
Avere le competenze e saperle trasmettere ad altri non sono la stessa cosa: guai a fare confusione!
Rischieremmo di trovarci nella stessa situazione che molti di noi hanno vissuto a scuola con docenti molto preparati sul contenuto, ma assolutamente incapaci di gestire un gruppo di bambini o ragazzini, di destare il loro interesse, di governare le dinamiche d'aula e via discorrendo.
Quindi...
Quindi in questi casi l'ideale è quello di formare le risorse interne più valide con qualche rudimento di andragogia e ApprenDivertimento di modo che siano in grado di gestire momenti formativi che siano utili, fruibili, leggeri, pragmatici e interessanti.
Come formatrice mi rattrista molto vedere persone ricche di competenze e conoscenze che non vengono prese sul serio dal loro uditorio a causa del loro modo di esporre o che rischiano di trovarsi davanti una platea addormentata per la noia.
La mia è una deformazione professionale, ma credo che chiunque possa rendersi conto dello spreco di potenziale racchiuso in situazioni del genere e ritengo anche che qualunque imprenditore riesca facilmente a valutare lo spreco economico sia nel caso in cui si ricorra alla formazione esterna quando si potrebbe farla internamente, sia nel caso in cui la formazione interna sia inefficace.
Ovviamente se in azienda non ci sono persone competenti su un certo argomento, la questione si risolve subito optando per dei consulenti esterni.
Se invece parliamo di soft skill o competenze trasversali, statisticamente è più difficile avere in azienda qualcuno di specializzato su questi argomenti, perché capita di solito (e non sempre) nelle aziende di grosse dimensioni, mentre il tessuto imprenditoriale italiano è fatto soprattutto di micro-, piccole e medie aziende.
Anche qualora ci fosse qualcuno competente su questi argomenti, si innesca un altro quesito:
Quanto è corretto ed efficace che una persona interna all'organigramma si occupi di tematiche strettamente legate alle relazioni e alle dinamiche interpersonali?
Se chi tiene il corso sulla gestione del conflitto fa parte della funzione Risorse Umane della mia azienda - funzione che tra le altre cose valuta le mie performance, stabilisce i piani di carriera, decide quali "teste tagliare" quando è il caso, ecc.. - quanto sarò disposto a far emergere le reali problematiche con i colleghi?
Se il titolare dell'azienda organizza un momento di team building, quanto i partecipanti svilupperanno un reale senso di gruppo e quanto lo simuleranno per compiacere il capo?
Non c'è bisogno di essere un cattivo capo o un responsabile HR minaccioso perché ciò accada, è sufficiente avere semplicemente quel ruolo affinché la dinamica risulti "inquinata".
In questi casi quindi la cosa migliore è rivolgersi ad un formatore esterno, ma con qualche accorgimento.
Come scegliere il formatore giusto?
Sostengo che non esista il formatore migliore in assoluto,
ma il formatore migliore per ciascuno.
E infatti proprio per consentire alle persone interessate ai miei servizi di prendere una decisione accurata, offro la possibilità di fare una consulenza conoscitiva gratuita della durata di un'ora (se vuoi prenotare la tua consulenza PavOne clicca qui).
Cosa va verificato prima di affidare ad un consulente esterno materiale così delicato come le relazioni fra i collaboratori, la motivazione di un team, lo stile comunicativo con i clienti e simili?
Secondo me vanno approfondite 3 tematiche principali:
- Le competenze. Che il consulente/formatore sia competente sulla materia è condizione necessaria, ma non sufficiente. Per indagare le competenze è importante valutarne la reputazione online, ma anche farsi raccontare esperienze pregresse su temi similari a quelli che occorre affrontare in azienda.
Prova ad immaginare che sia una specie di colloquio di lavoro; del resto, anche se per un tempo limitato, gli stai affidando un incarico interno all'azienda. - Lo stile. Un formatore deve avere modalità comunicative che si addicano al clima e alla cultura aziendale. Va benissimo che ci sia un po' di differenza che porti stimoli, novità e quando serve un po' di utile provocazione, ma ovviamente non ci deve essere una dissonanza eccessiva soprattutto a livello di valori, altrimenti non si riuscirebbe a rompere la naturale barriera di diffidenza dei partecipanti. Insomma il formatore deve essere un esterno, ma non un alieno! :-)
- La metodologia. Va verificato che il formatore sia in primo luogo un consulente e che abbia un metodo per entrare in contatto profondo con la realtà aziendale, ovvero che sappia fare le domande giuste per comprendere lo stato attuale e lo stato desiderato, per conoscere le tematiche calde e gli eventuali tabù, per calarsi nella cultura aziendale eccetera.
Tutto questo si riferisce alla parte precedente al momento d'aula, ovvero all'analisi dei bisogni; ma nella metodologia va anche considerato il metodo formativo vero e proprio, che deve essere il più possibile coinvolgente, interattivo e pragmatico.
Infine non va dimenticato un vantaggio fondamentale derivante dal fatto che un consulente è una persona esterna alle dinamiche aziendali: può fare da parafulmine rispetto alle tensioni, gestendole con maggiore facilità visto che non ne è coinvolto direttamente e che non ha rapporti gerarchici o competitivi con i partecipanti al corso.
Comprensibilmente ci sono molti timori prima di aprire le porte a qualcuno di sconosciuto, primo fra tutti quello che di solito viene espresso come segue:
- Come fa un esterno a sapere come funziona da noi? La mia azienda, come tutte, è diversa da tutte le altre
Paradossalmente proprio chi è esterno riesce a cogliere gli schemi ricorrenti, perché è vero che ogni realtà, ogni organizzazione è diversa dalle altre ed è vero allo stesso tempo che ci sono dei pattern trasversali e a volte comuni anche ad altri settori merceologici.
Il bagaglio di chi può "mettere il naso" in tanti mondi diversi è un dono preziosissimo che il consulente porta con sè e ben lungi da essere un ostacolo diventa un valore aggiunto.
Inoltre mi permetto di dire che non è neanche necessario sapere "tutto tutto" per poter fare un lavoro eccellente, anzi alle volte rischia di essere controproducente.
Adesso a te la scelta: a chi affiderai il tuo prossimo corso di formazione aziendale?
Dillo ad un amico
LILIA PAVONE
Avvocato pentito, patita dei Beatles, formatrice dal 2007, moglie, figlia, sorella, zia e amica.
La mia missione: Essere un trampolino e una cassa di risonanza per i talenti delle persone che accompagno in un percorso di crescita.
La mia visione: Avere un mondo di persone che pensano #amoillunedì!
I miei valori:
CONDIVISIONE: donarsi come professionista e come persona, condividendo tutto ciò che so e tutto ciò che sono.
DIVERTIMENTO: l’ironia salverà il mondo (insieme alla bellezza), perché il sorriso alleggerisce la tensione e consente di attingere a risorse altrimenti irraggiungibili.
CRESCITA E CURIOSITA’: una formatrice non può che credere nel valore della crescita continua attraverso il costante aggiornamento.
PACE: le capacità di ascolto (di noi stessi e degli altri) e di comunicazione empatica sono le migliori strategie di prevenzione del conflitto, sia nel quotidiano che su larga scala.
Richiedi GRATUITAMENTE la Consulenza PavOne
Se è la prima volta che mi contatti, hai diritto ad una Consulenza PavOne: una sessione online di un’ora che ti consentirà di avere un primo CHECK-UP GRATUITO per te e per la tua attività, senza nessuno vincolo o impegno da parte tua.