CONSULENZA IN GESTIONE DEI CONFLITTI AZIENDALI: 3 AZIONI DA FARE

La parola conflitto evoca quasi sempre situazioni spiacevoli: conflitto armato, coppia conflittuale, conflitto aziendale, situazione ad alta conflittualità... sono tutte espressioni che generalmente fanno arricciare il naso.

Proprio per questo le organizzazioni che mi chiedono un intervento per la gestione dei conflitti aziendali, vorrebbero di fatto la loro totale eliminazione, raggiungendo una situazione idilliaca in cui nessuno è in disaccordo; una specie di famiglia del Mulino Bianco in versione aziendale.

Per questa ragione ho pensato ad un breve articolo pratico con le prime 3 azioni utili per cominciare ad andare velocemente verso la giusta direzione.

La prima azione da fare è forse la più difficile, perché richiede un cambio di mindset, ovvero accettare che il conflitto è inevitabile, non lo si può eliminare.

La maggior parte delle volte in cui si crede di averlo eliminato, in realtà lo si è solo trasformato in conflitto sommerso ed inespresso, il che è ancora più corrosivo e pericoloso per il clima aziendale.

 

Il conflitto sommerso porta dei costi nascosti enormi: si va da piccoli “dispettucci” e ostruzionismo fra colleghi a veri e propri atti di sabotaggio.

I flussi di lavoro rallentano, la fiducia crolla, la qualità cade in picchiata, le assenze e il turnover impennano.

Questa è un’azione per leader di spessore, per persone che sono disposte ad accettare che quando qualcosa è inevitabile, che ci piaccia o no, l’unica cosa da fare è cercare di imparare da essa.

E cosa si può imparare dal conflitto sul luogo di lavoro?

Ecco alcune domande utili per scovare i messaggi nascosti nella conflittualità:

  • Si tratta di un contrasto funzionale o semplicemente di uno scontro fra

    personalità?

    Detto in altre parole: c’è qualcosa che possiamo cambiare per migliorare o risolvere a livello organizzativo o si tratta di una bega personale che è solo casualmente occasionata dal lavoro?
  • Quali sono gli interessi in gioco?
  • Quali sono i bisogni e/o gli obiettivi delle parti della contesa?
  • Il contrasto può essere stato generato o inasprito da particolari procedure?
  • La motivazione di fondo può essere legata a fattori economici (per esempio il raggiungimento di bonus) che innescano dinamiche competitive piuttosto che collaborative?

La seconda cosa che si può fare è chiedere alle parti in causa di proporre soluzioni. Spesso l’energia del conflitto viene convogliata in maniera distruttiva (riunioni sterili, ostracismo, lunghi scambi di email, pettegolezzi e lamentele di corridoio...).

Stimolare e raccogliere idee di risoluzione e miglioramento è sicuramente un’ottima strada, aiutando gli attori diretti a diventare parte della soluzione piuttosto che parte del problema.

Infine una strada più originale, creativa e risolutiva è quella di giocare e formarsi dentro il dissenso ed il conflitto.

Innanzitutto distinguiamo: il dissenso è uno dei modi in cui il conflitto si esprime, ma non sempre quando si è in disaccordo si può parlare di vero e proprio conflitto.

Nel caso in cui si tratti di semplice “poco allenamento” a gestire le opinioni contrarie, si può svolgere un incontro formativo che aiuti la popolazione aziendale nell’acquisizione di strumenti pratici e un linguaggio comune che consenta un dialogo più fluido e costruttivo anche in caso di divergenze.

Nel caso in cui invece ci siano profondi interessi in gioco, antipatie, contrasti inaspriti dal tempo, blocchi contrapposti di valori molto distanti fra loro, allora la situazione è grave e la soluzione non può che essere drastica: un gioco per la gestione del conflitto.

Perché un gioco?

Perché giocare è l'atto più rivoluzionario che si possa fare di fronte a situazioni calde e che rischiano di andare in escalation.

Perché è uno strumento che aiuta le persone a cambiare punto di vista e schemi comportamentali in un contesto protetto e leggero.

Perché il gioco è una cosa seria, una cosa così seria da essere tutelato dall’articolo 31 della Convenzione ONU del 1989.

Nel tempo ho imparato a giocare a a far giocare con il conflitto, in una danza che insegna passi nel mondo della gestione delle emozioni, della Comunicazione Nonviolenta e di altre tecniche consolidate di comunicazione: più serio di così!

Eppure durante le sessioni giocose sul conflitto si può tranquillamente arrivare a sorridere di se stessi o delle situazioni e aprire nuovi spazi creativi per la formulazione di soluzioni fruttuose.

Dopo aver letto questo articolo immagino che il conflitto non abbia più quell’accezione negativa che forse aveva all’inizio, ma abbia preso i contorni di un grande scrigno pieno di energia e potenziale di miglioramento, che va di certo maneggiato con cautela, ma che può portare grandi benefici.

Se non abbiamo il coraggio di guardarci dentro resterà sempre solo una zavorra, viceversa potrà renderci ricchi come se avessimo trovato il forziere dei pirati.

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LILIA PAVONE

Avvocato pentito, patita dei Beatles, formatrice dal 2007, moglie, figlia, sorella, zia e amica.

La mia missione: Essere un trampolino e una cassa di risonanza per i talenti delle persone che accompagno in un percorso di crescita.

La mia visione: Avere un mondo di persone che pensano #amoillunedì!

I miei valori:

CONDIVISIONE: donarsi come professionista e come persona, condividendo tutto ciò che so e tutto ciò che sono.

DIVERTIMENTO: l’ironia salverà il mondo (insieme alla bellezza), perché il sorriso alleggerisce la tensione e consente di attingere a risorse altrimenti irraggiungibili.

CRESCITA E CURIOSITA’: una formatrice non può che credere nel valore della crescita continua attraverso il costante aggiornamento.

PACE: le capacità di ascolto (di noi stessi e degli altri) e di comunicazione empatica sono le migliori strategie di prevenzione del conflitto, sia nel quotidiano che su larga scala.

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