Aggressività VS assertività

Hai notato quanto la comunicazione, soprattutto online, sia aggressiva?

Quante email, post, messaggi di varie piattaforme, commenti ad opinioni altrui sono poco aperti al dialogo?

Se è vero che la lingua ne ferisce più della spada, allora è vero anche che c’è ancora molto da fare per prevenire la guerra. 

Il conflitto nasce davvero dalle piccole azioni quotidiane, si nutre di incomprensioni, giudizi a priori (se non proprio pregiudizi), generalizzazioni, paure, logiche win-lose fondate sulla scarsità.

E allora la pace si costruisce anche praticando l’ascolto, di noi stessi, delle nostre emozioni e ovviamente degli altri. La comunicazione ed il dialogo si costruiscono cominciando a capire cosa ci disturba di un pensiero o di una persona alla quale vorremmo rispondere con toni poco concilianti.

Lavorando sulla gestione del dissenso e del conflitto con aziende e professionisti ho approfondito il tema e al di là delle definizioni psicologiche mi sono resa conto che quando per esempio due colleghi sono in contrasto fra loro in maniera reiterata e continuativa, si possono distinguere 3 tipologie di conflitto.

Averne consapevolezza può aiutare a risolverlo.

Vediamole insieme:

  1. Il conflitto di interessi: generalmente deriva da un pensiero di scarsità (se fa carriera lui non la faccio io; se le risorse vanno al suo reparto, non vanno al mio) quindi ci si concentra solo su questa logica A o B, bianco o nero, che impedisce ogni mediazione, collaborazione e competizione produttiva.
    L’altro deve perdere, io devo vincere.
    È vero, a volte le risorse, soprattutto quelle economiche, sono scarse. Questo non vuol dire che non si possano praticare soluzioni creative, invisibili agli occhi di chi vuole solo schiacciare l’antagonista.
  2. Conflitto di dati: le due parti hanno informazioni diverse e almeno parzialmente contrastanti. Nessuno dei due è disposto a considerare che il proprio punto di vista sia neanche un pelino al di sotto della verità assoluta.
    Sappiamo bene che, a seconda dei criteri applicati, due statistiche o raccolte di dati apparentemente configgenti possono in realtà dire entrambe una cosa vera e perfino non essere affatto vere nessuna delle due.
    Vale sempre la pena di verificare le fonti, rifare dei conteggi, fare la prova del nove, mettere in discussione valutando altre prospettive e modalità di calcolo.
  3. Conflitto di valori: questo è il più difficile da gestire, perché la minaccia (o presunta tale) a cose come la sicurezza, la libertà, la salute, il rispetto ci fa andare il sangue alla testa alla velocità della luce.
    Per  risolvere questi conflitti in molti casi occorre davvero un’enorme capacità di ascolto e di autocontrollo.
    Thich Nhat Hanh suggerisce di usare la respirazione e la meditazione seduta o camminata, pratiche sicuramente sempre più comuni anche nel mondo occidentale, ma tante volte poco conciliabili con i nostri ritmi.
    A me piace semplificare il tutto pensando che, anche ascoltando un’opinione molto diversa dalla nostra, non ci si prende alcuna malattia pericolosa. Certo ascoltare senza interrompere una persona che dice cose molto distanti dai nostri valori può turbarci, offenderci, ferirci, ma si tratta di effetti temporanei a fronte invece della conoscenza dell’altro e della possibilità di trovare uno spiraglio di dialogo.

Quello che comunemente viene chiamato conflitto emotivo, ovvero la cosiddetta antipatia di solito è conseguenza di una delle tre tipologie di conflitto appena viste, oppure deriva da qualche malinteso nelle fasi iniziali di conoscenza se non addirittura da voci che ci sono arrivate su una persona prima ancora di conoscerla.

Capire in quale tipo di conflitto siamo coinvolti ci aiuta ad essere più efficaci nella sua soluzione

Spesso ci fermiamo alle cose che vengono dette, senza indagare le motivazioni profonde, gli interessi retrostanti, che sono invece proprio quegli aspetti su cui si può trovare un margine di negoziazione nonché di comprensione.

Per esempio se durante un corso aziendale uno dei partecipanti mi rivolge molte domande, in modo tale da disturbare la lezione e apparentemente tentando di minare la mia leadership di formatrice, quello che devo fare è cercare di capire cosa c’è sotto quel comportamento, quali sono i suoi interessi di fondo e per quale motivo si sente in contrasto con me.

Ha delle informazioni configgenti con quanto sto dicendo? È un conflitto di dati, quindi è una persona che cerca di difendere una sua verità.

Si sente minacciato dal mio ruolo perché crede che possa sminuire la sua posizione di fronte ai colleghi o ai collaboratori? È un conflitto di interessi (in questo caso presunto, perché io in azienda non ho motivo di sminuire nessuno).

Ritiene che essere presente al mio corso lo costringa a mettere in secondo piano cose più importanti? Allora è un conflitto di valori.

Il comportamento è sempre lo stesso, ovvero fare molte domande, ma è evidente che io gestirò la situazione in modo diverso a seconda di come comprendo e classifico le motivazioni che inducono il comportamento da “domandologo”.

Con la persona che ha dati diversi dai miei può valere la pena di approfondire il discorso (magari durante una pausa per non disturbare gli altri colleghi con continue interruzioni).

Con chi si sente minacciato bisogna offrire rassicurazioni dirette o indirette e segnali di rispetto per i ruoli di tutti i partecipanti.

Con chi manifesta un conflitto di valori va approfondita un po’ la questione, visto che a volte le persone vengono coinvolte nella formazione aziendale con modi e tempistiche scorrette, che li costringono a fare i salti mortali per rispettare impegni e scadenze.

Solo dopo aver ascoltato, capito, provato a dare un senso anche a comportamenti apparentemente illogici e spesso disfunzionali, allora possiamo parlare, proporre soluzioni, esprimere con garbo il nostro punto di vista.

Questo per me vuol dire mettere fiori nei nostri megafoni, assertività invece di aggressività nelle nostre comunicazioni, rispetto nelle relazioni, coltivando il confronto invece che lo scontro.

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LILIA PAVONE

Avvocato pentito, patita dei Beatles, formatrice dal 2007, moglie, figlia, sorella, zia e amica.

La mia missione: Essere un trampolino e una cassa di risonanza per i talenti delle persone che accompagno in un percorso di crescita.

La mia visione: Avere un mondo di persone che pensano #amoillunedì!

I miei valori:

CONDIVISIONE: donarsi come professionista e come persona, condividendo tutto ciò che so e tutto ciò che sono.

DIVERTIMENTO: l’ironia salverà il mondo (insieme alla bellezza), perché il sorriso alleggerisce la tensione e consente di attingere a risorse altrimenti irraggiungibili.

CRESCITA E CURIOSITA’: una formatrice non può che credere nel valore della crescita continua attraverso il costante aggiornamento.

PACE: le capacità di ascolto (di noi stessi e degli altri) e di comunicazione empatica sono le migliori strategie di prevenzione del conflitto, sia nel quotidiano che su larga scala.

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