Come responsabilizzare le persone e aumentare la produttività
Cosa vuol dire responsabilizzare le persone e in che modo questo può aumentare la produttività?
Partiamo dalla parola “responsabilità”, e facciamo la considerazione che solitamente quando ci viene detto “Questa è una tua responsabilità” l’impressione è di star ricevendo un peso o un richiamo all’ordine colpevolizzante perché non abbiamo svolto bene il nostro dovere. Quindi in questa accezione non ha un senso positivo.
Altre volte veniamo nominati responsabili di qualcosa (responsabile della produzione, della manutenzione, della formazione, ecc...) e questo porta onori, solitamente aumenti di stipendio e anche oneri. Infatti il responsabile di una funzione è colui o colei che deve dare conto ai superiori non solo per il proprio lavoro, ma anche di quello di eventuali collaboratori.
Se scomponiamo la parola “responsabile” diventa respons-abile, ovvero abile a dare un responso, una risposta; ma una risposta a cosa?
Sicuramente come detto un attimo fa, una risposta a chi ci chiede conto della nostra area di responsabilità, ma prima ancora c’è dell’altro.
Stiamo parlando della capacità – e anche della possibilità nella pratica – di rispondere agli eventi e alle circostanze, con un’azione che porti verso un certo obiettivo.
Questa capacità però, come molte o forse tutte le skill, si accende e produce i suoi risultati solo se affonda le radici in un terreno ricco di motivazione.
Quindi non è sufficiente assumere o formare persone capaci di prendere decisioni ed essere quindi respons-abili, ma occorre che siano motivate a mettere in campo comportamenti respons-abili e che queste persone trovino una architettura dei processi che dia loro una reale possibilità di attuare le loro scelte respons-abili.
Ecco che responsabilizzare magicamente non è più un qualcosa che si “fa” agli altri (“Facciamo un corso per responsabilizzare i consulenti commerciali”), ma diventa un’azione collettiva a livello organizzativo, un’azione di costruzione insieme e di responsabilizzazione reciproca.
L’aumento della produttività in tal caso diventa una conseguenza automatica, un frutto maturo che cade dall’albero della motivazione, del clima organizzativo e della costruzione di processi funzionali.
Sui processi non fornisco consigli, perché non è il mio ambito di specializzazione, ma ecco il mio punto di vista sulla motivazione e sul clima organizzativo.
Sulla motivazione è stato detto moltissimo e uno dei concetti più chiari e abbastanza univoci è che è duratura nel tempo e di buona qualità quando viene autoprodotta (motivazione endogena), mentre tende ad essere soggetta a picchi e genericamente effimera quando alimentata con denaro, bonus, contest e simili (motivazione esogena).
Ma se quindi la motivazione persistente scaturisce dall’interno di ciascuno, come si fa ad alimentarla, a rinverdirla se occorre, a farla ritrovare a chi l’ha persa?
Premetto che un po’ di motivazione esogena ogni tanto, se usata con responsabilità come consigliano i foglietti illustrativi dei medicinali, comunque può essere utile e gratificante (insomma un bonus o un premio aziendale di solito fanno piacere, no?).
La motivazione endogena può essere solo ispirata, suggerita, contagiata e per fare questo occorrono alcuni ingredienti fondamentali:
- Una visione chiara che sia di ispirazione
- Una missione forte, condivisa e sentita
- Pochi e chiari valori guida
- La forza dell’esempio e della coerenza
- La correttezza e l’etica
- La prospettiva di crescita
- L’opportunità di dare un contributo attivo (ovvero il contrario di essere semplici pedine sostituibili)
Tutto questo insieme di cose crea un clima organizzativo motivante e collaborativo e per generare tutto ciò si può affrontare un percorso formativo che vada a lavorare su missione, visione e valori.
In alcune aziende in cui ho portato La ruota della realizzazione ho visto succedere delle vere e proprie rivoluzioni copernicane, a volte un po’ destabilizzanti sulle prime (avviso sempre i miei clienti che questo potrebbe succedere) perché si genera del turnover, ma sempre positive già a partire dal medio termine.
Del resto anche Jim Collins nel suo celebre “Good to great” (tradotto in italiano come “O meglio o niente”), suggerisce caldamente che il primo passo sia quello di avere a bordo le persone giuste (“Get the right people on the bus”) e in particolare il lavoro sui valori aziendali è un ottimo strumento per capire chi sono le giuste persone sul nostro autobus.
Quando c’è questa chiarezza avviene come per magia che chi vibra alla stessa frequenza si aggrega e chi ha altre priorità sceglie altre strade che probabilmente li renderanno più soddisfatti e gratificati.
A questo punto non si è più un gruppo più o meno casuale di persone che lavorano insieme, ma si diventa una specie di tribù, un team più coeso che è più motivato alla cooperazione e che genererà una cultura organizzativa forte.
Chi entrerà successivamente nella squadra capirà con molta facilità “che aria tira”, qual è il modo di lavorare, cosa c’è fra le righe delle policy e procedure e sarà automaticamente portato ad adeguarsi (o ad allontanarsi se non è l’ambiente che desiderava).
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LILIA PAVONE
Avvocato pentito, patita dei Beatles, formatrice dal 2007, moglie, figlia, sorella, zia e amica.
La mia missione: Essere un trampolino e una cassa di risonanza per i talenti delle persone che accompagno in un percorso di crescita.
La mia visione: Avere un mondo di persone che pensano #amoillunedì!
I miei valori:
CONDIVISIONE: donarsi come professionista e come persona, condividendo tutto ciò che so e tutto ciò che sono.
DIVERTIMENTO: l’ironia salverà il mondo (insieme alla bellezza), perché il sorriso alleggerisce la tensione e consente di attingere a risorse altrimenti irraggiungibili.
CRESCITA E CURIOSITA’: una formatrice non può che credere nel valore della crescita continua attraverso il costante aggiornamento.
PACE: le capacità di ascolto (di noi stessi e degli altri) e di comunicazione empatica sono le migliori strategie di prevenzione del conflitto, sia nel quotidiano che su larga scala.
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