Coaching aziendale per odiare il proprio lavoro
Per una che usa sui social l'hashtag #amoillunedì e che nella propria visione come professionista sogna un mondo di persone che sono così appagate da poter dichiarare ad alta voce "AMO IL LUNEDÌ!" dire che si dovrebbe fare del coaching aziendale per odiare il proprio lavoro pare un totale controsenso, eppure un senso ce l'ha eccome.
È il senso di ridare tridimensionalità alle affermazioni.
Parlando prevalentemente per messaggini, slogan, hashtag, post brevi, tweet si rischia di appiattire le idee e quindi di avere, e nel mio caso anche di propagare, una visione miope della realtà.
Questo quindi è un articolo di "tridimensionalizzazione" del concetto di amare il lunedì e amare il proprio lavoro.
Partiamo da un'osservazione empirica di ciò che accade normalmente intorno a noi:
- non esistono persone solamente buone o che possiedono solamente pregi;
- anche il collaboratore o il leader più bravo, ha degli aspetti in cui è carente;
- non tutti gli avvenimenti che classifichiamo come positivi portano solo buone conseguenze (e viceversa);
- in una discussione è raro, se non quasi impossibile, che uno abbia solo ragione e l'altro solo torto...
... e quindi di conseguenza: è abbastanza improbabile
riuscire ad amare ogni aspetto del proprio lavoro.
Il primo corollario di questa affermazione-teorema è:
non ti sentire in colpa
se non ami tutti gli aspetti del tuo lavoro
e
non colpevolizzare
chi non ama tutti gli aspetti del proprio lavoro
Ciascun lavoro è fatto di molte attività complementari e a volte estremamente diverse fra di loro, direi che è più che normale che alcune di esse ci siano meno congeniali di altre.
Ci sono due cose che vedo capitare spesso e di cui ho intuito un certo schema meccanico parlando con i professionisti durante corsi e consulenze:
Si intraprende un certo cammino professionale tenendo bene a mente solo gli aspetti più evidenti (e spesso più divertenti ed attraenti di quel lavoro). L'avvocato pensando all'attività di udienza, il commerciale pensando all'attività di negoziazione, il formatore pensando al momento d'aula, l'attore o il cantante pensando alla performance pubblica e via discorrendo.
Ora queste sono delle generalizzazioni, ma nascondono una verità: ci sono degli aspetti più eclatanti ed esaltanti in ogni professione che spesso offuscano la parte più routinaria e solitamente prevalente in termini di tempo. In realtà a ben osservare sono proprio quelle attività noiose che consentono alla parte divertente di esistere.
Riprendendo gli esempi di prima:
- Per l'avvocato, l'attività di studio di letteratura e giurisprudenza, la redazione degli atti, l'attività di cancelleria, la gestione dell'aspetto umano del cliente... insomma tutte quelle cose che nei film e nelle serie non ci fanno vedere.
- Per il commerciale, l'attività di reportistica, l'aggiornamento sulle caratteristiche del prodotto, lo studio di nuove tecniche di vendita e tutti quegli aspetti più burocratici che non relazionali.
- Per il formatore, lo studio e l'aggiornamento, la ricerca dei clienti e la vendita delle proprie idee, dei progetti, dei corsi, la progettazione della didattica così come della logistica e tutte quelle attività che non si svolgono su un palco o davanti ad una telecamera.
- Per l'attore o il cantante, lo studio, le prove, la conoscenza di autori di ogni genere, inclusi quelli che non apprezziamo, procurarsi gli ingaggi (almeno finché non si sfonda) e tutte quelle attività che non sono strettamente artistiche.
Il lavoro cambia nel tempo e non corrisponde più al nostro ideale di quando abbiamo intrapreso quel percorso professionale.
Questa è una cosa che vedo accadere sempre più spesso ultimamente, visti i ritmi vorticosi con cui cambia il mercato, intervengono novità, qualche azienda innovativa tira fuori un'idea che cambia le regole del gioco e sposta equilibri apparentemente inalterabili, enti preposti a regolamentazione e vigilanza emettono nuove normative...
Se la prima dinamica è più sotto il nostro controllo, perché può essere sufficiente una maggiore informazione per scoprire anche i lati nascosti di un'attività lavorativa, questo secondo scenario ci lascia più spiazzati e soprattutto ci lascia con l'amaro in bocca ed un forte senso di ingiustizia che ci fa dire frasi tipo "Non si può più lavorare così!", "Ma perché, funzionava così bene prima?!", "Ah, com'erano belli i vecchi tempi quando..."
Eppure fin dai tempi dell'antica Grecia il filosofo Eraclito diceva che
L'unica costante della vita è il cambiamento
Certo oggi probabilmente si va un po' più veloci di quanto si andasse intorno al VI sec. a.C., questo lo concedo. Resta il fatto che voler combattere il cambiamento è anacronistico oggi come allora.
E allora?
E allora arriviamo al secondo corollario dell'affermazione-teorema (è improbabile - per non dire impossibile - amare ogni aspetto del proprio lavoro):
L'amore per il lavoro non è diverso da quello per le persone:
vede i difetti, ma li accetta come parte integrante
dell'oggetto del proprio amore
Come si fa ad avere un amore così, non per una persona (cosa già di per sè difficile), ma addirittura per un'attività che per di più è anche faticosa e che non sempre ci ripaga come vorremmo degli sforzi che facciamo per lei?
È tutta una questione di scopo superiore e di valori.
Sulla scorta della famosa frase di Confucio "Trova un lavoro che ami e non lavorerai un giorno in vita tua", si è finora creduto che se ho un "perché" sufficientemente forte, se sono abbastanza motivato rispetto allo scopo di un certo lavoro, allora non sentirò mai la fatica, ma non è così.
Lungi dal dire che Confucio si sbagliava, penso proprio che questa sua celebre frase così estrapolata sia diventata bidimensionale e non renda giustizia ad un pensiero filosofico più ampio.
Ma senza scomodare il pensiero filosofico di Confucio, direi che se ho un forte "perché" e sono motivato per quel lavoro, di certo sentirò meno fatica di altri (meno intensa e/o meno frequente) e avrò più spesso di altri dei momenti di rapimento e di flow soprattutto quando svolgo le attività che mi sono congeniali.
Il gioco sta nel riconoscere il collegamento di tutte le attività meno avvincenti con quello scopo superiore del quale siamo innamorati; il trucco è quello di mantenere gli occhi fissi sulla meta e di ricordare che è il tutto che contribuisce al risultato finale.
Per fare questo è necessario avere una buona consapevolezza del proprio sistema di valori, una chiarezza cristallina della propria missione e visione professionale.
Per questo, visto che la mia visione è "Avere un mondo di persone che pensano #amoillunedì!", ho creato il percorso della Ruota della Realizzazione, che guida proprio al raggiungimento di questa consapevolezza e chiarezza e che può essere realizzato sia in modalità consulenza uno a uno (quando si tratti di un obiettivo individuale), che per gruppi di lavoro (quando si tratti di un'esigenza aziendale).
Leggi qui se vuoi conoscere maggiori dettagli del percorso.
Se invece vuoi fare velocemente un'autodiagnosi di quanto tu ami il lunedì o meno, allora scrivimi dal modulo contatti e chiedimi di inviarti "Il termometro del lunedì", un questionario di autovalutazione che ti potrà fornire importanti indicazioni sulla tua attuale situazione.
L'obiettivo è quello di mantenersi saldi sulla visione, perché questo ci consente di essere flessibili sui dettagli
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LILIA PAVONE
Avvocato pentito, patita dei Beatles, formatrice dal 2007, moglie, figlia, sorella, zia e amica.
La mia missione: Essere un trampolino e una cassa di risonanza per i talenti delle persone che accompagno in un percorso di crescita.
La mia visione: Avere un mondo di persone che pensano #amoillunedì!
I miei valori:
CONDIVISIONE: donarsi come professionista e come persona, condividendo tutto ciò che so e tutto ciò che sono.
DIVERTIMENTO: l’ironia salverà il mondo (insieme alla bellezza), perché il sorriso alleggerisce la tensione e consente di attingere a risorse altrimenti irraggiungibili.
CRESCITA E CURIOSITA’: una formatrice non può che credere nel valore della crescita continua attraverso il costante aggiornamento.
PACE: le capacità di ascolto (di noi stessi e degli altri) e di comunicazione empatica sono le migliori strategie di prevenzione del conflitto, sia nel quotidiano che su larga scala.
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