La cicala e la formica anche nel management
Si dice che il mito sia più vero della realtà e infatti la storia della cicala e la formica si ripete in tante versioni e contesti diversi.
Magari non ti si addice il ruolo della cicala che preferisce la nullafacenza alla previdenza, ma ci sono molti modi in cui ci si può trovare nei panni della cicala, soprattutto quando arriva l’inverno.
Un esempio su tutti è stato quello che è accaduto con la digitalizzazione improvvisa e forzata che hanno avuto le nostre vite per gli eventi che ben sai.
Quanti di noi hanno bussato alle porte di amici nerd o di esperti di marketing online e sviluppatori di siti, esattamente come la cicala fa con la formica all’arrivo del freddo?
Chi è senza peccato scagli la prima pietra, e io sono la prima a fare “outing”, perché il mio modello di business non era pronto a questa inaspettata assenza di contatti vis-a-vis attraverso i quali offrire beni e servizi.
Era da molto tempo che meditavo di costruire il mio brand in maniera organizzata e digitale: ragionare bene su come posizionarmi nel mercato della formazione e consulenza, avere un mio logo, un sito, un imbuto di marketing, un cosiddetto “claim” eccetera, eccetera.
Dopo aver rimuginato a lungo sul come e sul perché, finalmente a fine 2019 mi ci sono messa su seriamente, ma pur sempre con dedizione a singhiozzi, anche perché, personal branding o no, il lavoro non mancava e quindi il tempo per dedicarmi al marketing e alla riorganizzazione professionale l’ho dovuto ritagliare in mezzo agli altri impegni.
E secondo te ero pronta ad affrontare quello che è successo a partire da marzo 2020?
La risposta già la sai.
Per una sorta di istinto naturale, una delle prime cose che mi sono detta in quel momento suonava più o meno così “Lilia, mannaggia a te!
Se ti fossi mossa prima invece di pensare tanto, se avessi organizzato meglio il tuo tempo, ora non saresti in questa situazione!”, che riassunta ulteriormente vuol dire che mi stavo condannando perché avrei dovuto fare altro rispetto a quello che avevo fatto.
Mai provata una sensazione simile?
Ti sei mai detto che avresti dovuto o avresti potuto fare qualcos’altro e ora stai lì a "mangiarti le mani"? E tutto questo non perché hai poltrito come la cicala, ma semplicemente perché hai seguito altre priorità; col senno di poi ci si rende conto che avrebbe avuto più senso o sarebbe stato più efficace fare altro rispetto a ciò che abbiamo scelto di fare e allora ci si inizia ad arrovellare.
A quel punto oltre al danno si aggiunge la beffa, perché si prova senso di colpa e una grande frustrazione che impedisce o rallenta le decisioni utili a correre ai ripari. Si innesca quella che chiamo “la trappola degli avresti dovuto e avresti potuto”.
Mi sono scontrata in passato e per motivi personali con questa sensazione e quindi per fortuna quando l’ho riscontrata nel campo lavorativo ho potuto applicare quello che ho imparato dalle esperienze passate, smettendo quasi subito di stare lì a piangere sul latte versato e a recriminare. Eh sì perché il passato serve a dare insegnamenti, a condizione che non ci rimaniamo impantanati. Ma andiamo per ordine.
Cosa ho imparato, con l’aiuto di letture adatte e professionisti qualificati, andando a fondo nel meccanismo di questa che ho chiamato una trappola:
- Quello che fa star male non è tanto l’errore (o presunto tale) eventualmente compiuto, quanto il senso di colpa che esso genera
- Guardare al passato è sano e naturale; non ti condannare quando guardi indietro, ma attenzione a quanto tempo dedichi a questa pratica e a come lo fai
- Provare rimpianto o rimorso non cambia e non cambierà mai il presente, ma agire quanto prima può cambiare il futuro
Di queste 3 regole quella che sembra banale è l’ultima, ma un conto è capirla intellettualmente; tutt’altra cosa è applicarla e viverla.
E allora come fare a smettere di tormentarci e iniziare ad agire per cambiare le cose?
In primo luogo usando una metafora molto facile e veloce che ti propongo sotto forma di domanda: cosa succederebbe se mentre guidi l’auto passassi tutto il tempo guardando solo nello specchietto retrovisore?
La risposta è tanto ovvia quanto non desiderabile.
Quando ti trovi a guardare il tuo passato, quindi, domandati se è solo uno sguardo veloce che ti aiuta ad essere più veloce ed efficiente per andare avanti o se stai indugiando troppo rischiando di andare fuori strada.
Facile a dirsi, ma a volte il passato ci attira come una calamita, e per questo voglio darti uno strumento ulteriore per liberarti del senso di colpa o della tendenza a tormentarsi per quanto accaduto: metti nero su bianco l’insegnamento che hai tratto da quell’errore.
Come ti ho detto ripensare ad eventi trascorsi può essere anche sano e lo è perché ci serve ad imparare dagli errori, ma il motivo per cui la nostra attenzione continua a tornare indietro come un disco incantato è che invece di imparare ci condanniamo e basta.
Vedrai che se ti fermi ad apprendere quello che potresti fare diversamente la prossima volta, il tuo cervello sarà meno attratto dall’idea di vivere e rivivere quell’esperienza.
Ma è importante che questo processo di apprendimento venga fatto per iscritto, per tutto il valore simbolico e terapeutico che è riconosciuto universalmente alla scrittura.
Non mi dilungo sull’importanza della scrittura, fidati! Se non ti fidi, chiedi ad un qualunque terapeuta o “smanetta” un po’ su internet cercando prove dei benefici della scrittura (soprattutto quella fatta a mano e non con strumenti informatici).
Un ultimo bonus: la persona che eri ieri ha fatto quello che poteva e sapeva fare con le risorse a sua disposizione in quel momento, per cui PERDONATI se non sei stato all’altezza di certe situazioni e usa la tua consapevolezza di oggi per rimediare nella misura in cui è possibile e andare avanti.
Quello che hai fatto in passato, anche se oggi non lo approvi, era la cosa migliore che potevi fare con gli strumenti che avevi in quel momento.
L’unico momento in cui puoi davvero fare la differenza è ora!
E tu cosa avresti dovuto o potuto fare? E ora cosa puoi fare per andare avanti?
Ti consiglio di rispondere seriamente a queste domande e di farlo, indovina un po’, per iscritto.
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LILIA PAVONE
Avvocato pentito, patita dei Beatles, formatrice dal 2007, moglie, figlia, sorella, zia e amica.
La mia missione: Essere un trampolino e una cassa di risonanza per i talenti delle persone che accompagno in un percorso di crescita.
La mia visione: Avere un mondo di persone che pensano #amoillunedì!
I miei valori:
CONDIVISIONE: donarsi come professionista e come persona, condividendo tutto ciò che so e tutto ciò che sono.
DIVERTIMENTO: l’ironia salverà il mondo (insieme alla bellezza), perché il sorriso alleggerisce la tensione e consente di attingere a risorse altrimenti irraggiungibili.
CRESCITA E CURIOSITA’: una formatrice non può che credere nel valore della crescita continua attraverso il costante aggiornamento.
PACE: le capacità di ascolto (di noi stessi e degli altri) e di comunicazione empatica sono le migliori strategie di prevenzione del conflitto, sia nel quotidiano che su larga scala.
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